Una barriera di blocchi di pietra tutti allineati, sembrano scogli da dove è possibile fare a gara di tuffi. E’ quel che resta oggi di un antico bacino portuale a San Marco di Castellabate, a sud del Golfo di Salerno.
Questo porto, di epoca romana, non lontano da quello moderno, era formato da due muraglioni laterali con un’apertura al centro dove ancora oggi, su un fondale di soli 6 metri, è ben piantata una torre completamente sommersa.
Gli studiosi rivelano che per costruire questo, come tanti altri porti del tempo, era necessario trasportare via mare, per mancanza di collegamenti terrestri utili, carichi enormi di materiale, che qualche volta andavano anche persi. Le vie del mare, in effetti, rappresentavano nell’antichità le più sviluppate vie di scambio e di commercio, non solo per quelle che furono poi le grandi città marinare, ma anche per i piccoli centri come San Marco. Terra fruttuosa di quei prodotti tipici che, pur non avendo allora tutta la pubblicità che hanno oggi, già spopolavano. Ne sono prova concreta i frammenti rinvenuti di anfore, unico contenitore conosciuto per provviste di olio, grano e vino.
In realtà la presenza di questo bacino era strategica in quel momento così come lo è adesso.
All’interno dell’area di forma rettangolare i romani introdussero due banchine per chiudere lo specchio d’acqua e proteggere le imbarcazioni dai venti. Strutture oggi ancora semiemergenti e da cui è iniziata tutta una serie di ricerche archeologiche subacquee che hanno ridato vita ed interesse ad una zona quasi sconosciuta ai turisti italiani e stranieri. Le indagini hanno riguardato soprattutto il pilastro posto al centro dei due antichi filari di pietre. Ad incuriosire è stata la strana posizione e funzionalità di un blocco simile. L’ipotesi storica è che tutta l’area di San Marco sia stata interessata da un profondo movimento tellurico, che spezzando il pilastro in due ha provocato un violento terremoto.
Questa scoperta, in realtà, ci dice anche quanto fosse importante all’epoca la creazione di un polo strategico sulle punte estreme della costa cilentana. Le antiche imbarcazioni che trasportavano cibi, spezie e tessuti, infatti, avevano necessariamente bisogno di punti d’appoggio a vista su quelle insenature strette e profonde tipiche della terra campana, come Punta Campanella e Licosa o Capo Miseno e Palinuro. Non stupisce più dunque che gli antichi romani vollero un porto di tali dimensioni proprio lì.
E allo stesso modo ai giorni nostri, le scoperte venute alla luce hanno portato la Soprintendenza, verso la fine degli anni novanta, a considerare questa testimonianza storica di tale importanza turistica da installare un impianto di illuminazione subacquea per tutta l’area. Così chiunque, oggi come allora, potrà osservare l’antico bacino, dalla banchina verso il lato interno del molo.
La Redazione
In collaborazione con Alessandro Tagliapietra di Argo, Gruppo Ricerche Subacquee di Venezia
da Paesaggi Ritrovati
http://www.paesaggiritrovati.it/sommerso/quel-che-resta-dellantico-porto-a-sud-del-golfo-di-salerno
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